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L'infinito di Medardo Rosso sotto la luce di Dagaz

| Blar | E la Runa bussò

Medardo Rosso, Public domain, via Wikimedia Commons

“La luce è la vera essenza della nostra esistenza , un’opera d’arte che non ha a che fare con la luce non ha ragione di esistere. Senza luce non ha spaziosità, è ridotta a essere insignificante.”

 


Nato a Torino il 21 giugno 1858, sotto la runa di reggenza Dagaz, Medardo Rosso si trasferisce a Milano con la famiglia nel 1870. Nonostante mostra un precoce interesse per l'arte, la sua formazione artistica è irregolare e controversa. Studia per breve tempo all'Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, da cui è espulso per il suo atteggiamento ribelle e anticonformista. Entra in contatto con il movimento della Scapigliatura (Il nome Scapigliatura deriva da "scapigliato," che significa "disordinato" o "scarmigliato.") , un gruppo di artisti e intellettuali italiani attivo nella seconda metà del XIX secolo, noto per il suo spirito di sfida verso le convenzioni sociali e artistiche (l'energia di Dagaz è l'energia del salto quantico, di una nuova vibrazione che supera la precedente, si ribella al vecchio trasformandolo, Se vorrai classificarmi evaderò gli schemi e sfuggirò al controllo; se vorrai afferrarmi diventerò sabbia e scivolerò fuori tra le tue dita. Cit. Voce della Runa)

La sua attenzione si concentra sulla rappresentazione della luce e dell'atmosfera piuttosto che sui dettagli anatomici precisi. Tra le sue opere significative di questo periodo c'è Portinaia (1883-84). Questa piccola scultura raffigura il busto di un'anziana donna con il viso chinato e i capelli raccolti sulla nuca. La superficie grezza dell’opera e la luce che la illumina creano effetti di chiaroscuro pittorico che fondono parzialmente la scultura con l’ambiente circostante in una continuità spaziale.

Già dalle sue prime opere si possono trovare affinità importanti con l’espressione della Runa Dagaz: ovvero infinitezza, aria, spazio, luce, movimento di masse e volumi, espansione dei limiti, tentativo di superamento dei confini, totalità, non frammentazione, forme aperte. La luce dinamica che continuamente anima e trasforma tutto, in base alla sua angolazione e intensità, plasma le sue opere.

Limite – infinito: impossibile il primo, naturale il secondo. Così afferma in una lettera a Nino Barbantini, dove ci troviamo un’altra relazione all’infinito dei cicli che Dagaz porta con sé: “Sono la legge dei cicli, a cui l’intero creato è soggetto: Alba e crepuscolo, io inizio, io finisco e tu sei spettatore della mia meraviglia. Se vorrai renderti ricettivo, ti racconterò il creato e avrai accesso alla mistica della vita.” Cit. Voce della Runa

La scultura di Medardo Rosso non si rivolge a chi apprezza  il finito narrativo delle sculture formali. Rosso lavora senza modelli prestabiliti e senza seguire maestri o canoni fissi. Rifiuta radicalmente la tradizione e, pur inizialmente incerto, sviluppa una visione artistica chiara e determinata, capace di sintetizzare come i grandi maestri del passato. La sua arte non deriva da altre epoche o stili, ma nasce da una visione audace e innovativa della scultura, che non si era mai vista prima. Rosso supera i limiti imposti dalla tradizione secolare della scultura, creando capolavori unici e senza tempo. Dagaz è portatrice di novità, di trasformazioni, è la Runa di un nuovo ciclo, del nuovo giorno.

Le sue sculture non sono semplici ritratti ma espressioni di stati d'animo. La luce e lo spazio sono elementi fondamentali nel suo lavoro, conferendo alle sue opere un'energia straordinaria. Non crea statue nel senso tradizionale; le sue opere non sono mai finite, ma sempre in divenire, espressione di una visione poetica e spontanea.

Le sue opere sono abbondantemente documentate dalle fotografie realizzate dallo stesso Medardo. Utilizza gli scatti fotografici non solo per testimoniare le fasi di realizzazione delle sue sculture, ma anche come importante strumento creativo. Attraverso l’immagine fotografica, può controllare gli effetti della luce sulle sue opere e la loro integrazione con lo spazio circostante. Utilizza la fotografia, cioè la scrittura tramite la luce, in modo innovativo anticipando alcuni esperimenti dell’arte contemporanea.

La luce è la vera essenza della nostra esistenza “ scrive  “un’opera d’arte che non ha a che fare con la luce non ha ragione di esistere. Senza luce non ha spaziosità, è ridotta a essere insignificante.”

Altro non è Dagaz che la luce dopo il buio, la luce spirituale che permea le nostre esistenze.

Medardo trascorre gran parte della sua carriera a Parigi, dove si inserisce nel vivace ambiente artistico e conosce figure come Auguste Rodin, con cui ha una relazione complessa di ammirazione reciproca e rivalità. Nonostante la competizione, Medardo si distingue con opere come L'enfant malade (1893) e Ecce Puer (1906), consolidando la sua reputazione internazionale. Medardo, pur limitato nella produzione rispetto a Rodin, crea opere più concentrate e coerenti, con una profondità intima e umana, ottenute attraverso la continua sperimentazione di  materiali diversi, tra cui la cera e il gesso, per ottenere effetti luminosi unici.

Dopo il successo parigino, Rosso ritorna in Italia, stabilendosi a Milano. Continua a lavorare e ad esporre le sue opere, anche se meno prolificamente rispetto agli anni precedenti. La sua produzione si concentra su rielaborazioni di opere esistenti e sulla ricerca di nuovi effetti di luce. La sua innovativa tecnica di manipolazione della luce e della materia ha ispirato numerosi artisti successivi, tra cui Umberto Boccioni e Henry Moore.

Verso i settant’anni, a Medardo sono amputate prima alcune dita e poi parte di una gamba nel tentativo di fermare un’infezione, provocata dalla caduta di alcune lastre fotografiche su un piede. Muore di setticemia il 31 marzo 1928. Medardo Rosso è ricordato non solo per le sue opere, ma anche per il suo contributo teorico alla scultura moderna.

Concludo citando la frase più ripetuta da Medardo stesso: “Non siamo che scherzi di luce”.

Fonti bibliografiche:

Medardo Rosso, I maestri della scultura, Fratelli Fabbri Editori


“Come la pittura, anche la scultura ha la possibilità di vibrare in mille spezzature di linee, di animarsi per via di sbattimenti d'ombre e di luci, più o meno violenti, d'imprigionarsi misteriosamente in colori caldi e freddi – quantunque la materia ne sia monocroma – ogniqualvolta l'artista sappia calcolare bene il chiaroscuro che è a sua disposizione; di riprodurre in una parola gli esseri con tutto il loro ambiente proprio e di farceli rivivere.”

Data di nascita 21 giugno 1858 | Luogo di nascita Torino | Runa di reggenza Dagaz



Dagaz

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